Voglio indietro il mio tempo sudato a rincorrere fantasie imbevute d’ebbrezza, voglio indietro l’incanto e la follia, le giornate bruciate in un sospiro accennato, il vagito del bimbo, il sorriso del vecchio che aveva da dire, la voce invadente dell’arrotino che spazzava la strada da polvere e vento. Voglio indietro i miei lunghi capelli e la loro arroganza, che portavo a spasso con la smorfia di sempre, sberleffo al destino che non ha preso niente. Voglio indietro la mia pk5 che non era una moto ma un gioiello dai morbidi tasti che hanno avuto carezze molto più di una donna. Voglio indietro il mio tempo e la zia a distribuire merende, e noi in fila soldati di una dolcissima guerra arruffati, arrossati nelle gote e le mani bramanti di fame e di sete. Voglio indietro il tre-sette, ci sapevo giocare e ricordavo le carte, lo spariglio e la presa, fino a quando restavano quelle che in testa avevo già visto sul tavolo vinte. Voglio indietro il cortile e le voci sgraziate che urlavano al cielo d’avere ragione contro il torto subito, contro il lesto imbroglione. Voglio indietro il pallone dalle toppe pesanti che saliva nell’aria alle spalle di Necco, e voglio indietro Valenti che lanciava i servizi e Carino che aveva il suo bel gran da fare a masticare parole venute dall’est. Voglio indietro la radio, scusa Ameri interrompo dalla luna, quella radio che in scarsa frequenza ascoltavamo la sera fino a quando le pile dicevano sì, e la discesa nel piccolo cortile pieno di inverosimili storie e occhi immaginari che ci guardavano tremanti, perché la sera scende sempre più gelida quando hai molte paure dentro corpi piccini. Voglio indietro il triciclo che m’ha dato le gambe lungo tutta l’infanzia che nel tempo mi sfugge. Voglio indietro i capelli che sanno d’antico, raccolti alla nuca che nessun filo ribelle allenti la presa, voglio lei e le sue mani a raccogliermi a terra, distratto, caduto, col moccio sul naso e un pianto che trema ma non da soddisfazione. Ma di quello che voglio ormai tutto è svanito, evaporato in un soffio come pioggia in agosto che mi lascia il profumo di un cortile lontano nel tempo a venire.