Ho fatto l’inventario e messo su un bel po’ di ricordi.
Il primo lo ritrovo nella voce di mia madre che mi sostiene e lenisce il dolore dei graffi di qualche buffo capitombolo.
Sono avvezzo alle cadute, è il mio mestiere. Un funambolo in corsa, perennemente in precario equilibrio.
Ho stilato l’inventario delle cose fatte, perdute, lasciate a metà. Di tutte quelle cose che ho dimenticato di fare, delle questioni irrilevanti che hanno angosciato molte giornate, e dei colpi di testa che hanno sterzato la curva della mia esistenza.
Per sbagliare ho sempre impiegato un istante.
Così come per le scelte che porto indelebili sulle mie spalle.
e sputi sulla pelle, segni che vorresti sgravarti dalla memoria ma non hai la forza, quei segni che ti ostini a portare con te, qualunque cosa accada.
Sia sole o tempesta.
Ho fatto l’inventario delle mie memorie e m’accorgo che qualcuna non ha più voce.
Scende il silenzio sulle cose e l’avvolge, come fa la notte con i colori.
Il pacco delle mie sigarette sta lì, sulla scrivania, sgualcito, usato, finito. Da qualche giorno vuoto è, e vuoto rimane.
Il gesto sacro che scarica la mente non avviene più. Ho abbandonato il rituale, e non so per quanto ancora.
E intanto scrivo una lettera che sto per concludere.