–Cesare Pavese, 2019 – Einaudi/CdS – pp. 173 – € 7,90.
Credo sia il testo migliore di Pavese, lunghi brividi mi hanno accompagnato nella lettura, molte assonanze mi legano alle voci, ai volti, alla strada in cammino di Corrado.
«A me piaceva cenar solo, nella stanza oscurata, solo e dimenticato, tendendo l’orecchio, ascoltando la notte, sentendo il tempo passare.» [p. 5]
«- Non sei mica fascista? – mi disse. Era seria e rideva. Le presi la mano e sbuffai. – Lo siamo tutti, cara Cate, – dissi piano. – Se non lo fossimo dovremmo rivoltarci, tirare le bombe, rischiare la pelle. Chi lascia fare e s’accontenta, è già un fascista.» [p. 22]
«… la vita ha valore solamente se si vive per qualcosa o per qualcuno…» [p. 31]
«Allora persi del tutto la pazienza. – Siamo al mondo per caso, – dissi. – Padre, madre e figliuoli, tutto viene per caso. Inutile piangere. Si nasce e si muore da soli… – Basta volere un po’ di bene, – mormorò lei, con quella voce autoritaria.» [p. 46]
«M’aveva preso una speranza, una curiosità affannosa: sopravvivere al crollo, fare in tempo a conoscere il mondo di dopo.» [p. 62]
«Trovavo sempre un’aula vuota, una scala, dove passare un altro poco di tempo, allungarmi la vita star solo. […] In sostanza chiedevo un letargo, un anestetico, una certezza di esser ben nascosto. Non chiedevo la pace del mondo, chiedevo la mia. Volevo esser buono per essere salvo. […] Nel cielo chiaro – quel mattino aveva smesso di piovere – vidi nuvole rosee, ventose. Il freddo, il baccano, la repentina libertà del cielo, mi gonfiarono il cuore e capii che bastava un soprassalto d’energia, un bel ricordo, per ritrovare la speranza. Capii che ogni giorno trascorso era un passo verso la salvezza. Il bel tempo tornava, come tante stagioni passate, e mi trovava ancora libero, ancor vivo.» [p. 90-91]
«…e passerà un altro inverno, rivedremo la neve, faremo cerchio intorno al fuoco ascoltando la radio. […]mi accorgo che ho vissuto un solo lungo isolamento, una futile vacanza, come un ragazzo che giocando a nascondersi entra dentro un cespuglio e ci sta bene, guarda il cielo da sotto le foglie, e si dimentica di uscire mai più.» [p. 120-121]