– Aldo Grandi, 2022 – Chiarelettere – pp. 240 – € 18,00.
Dove si racconta l’ultimo tratto della vicenda di un uomo tormentato, irrequieto, proiettato oltre la dimensione umana quotidiana. Irredento e irrisolto, fragile e al tempo stesso combattente, spinto dalla volontà di emanciparsi dalla sua storia personale, insofferente al sistema capitalistico, di cui suo malgrado è esponente di spicco. Un uomo che vive con dolore il difficile momento storico in bilico tra rivoluzione e restaurazione.
«In lui nuotava ancora e non se ne era mai andato il germe dell’insoddisfazione perenne. Sentiva di non essere appagato, avvertiva quel bisogno impellente di fare qualcosa per portare non tanto sé stesso verso l’umanità, ma l’umanità verso la sua concezione di un mondo più giusto.»
«Noi viviamo momenti in cui non sappiamo dare un contenuto, una prospettiva alle nostre inquietudini. Parliamo di politica e ne parliamo in astratto.»
«Indubbiamente però il suo carattere presentava aspetti qualche volta contraddittori, soprattutto per chi non lo capiva o non lo conosceva bene. Tali contraddizioni possono sostanziarsi principalmente nel fatto che mentre si tuffava con tutto sé stesso nelle cause che abbracciava, poi entrava in conflitto con sé stesso in quanto riaffiorava in lui la profonda convinzione di poter essere oggetto di qualche macchinazione. […] Sulla personalità del Feltrinelli ha avuto un grande influsso, a mio avviso negativo, l’educazione materna. La madre è stata dittatoriale, accentratrice; Feltrinelli non aveva stima della madre, però ne ha subito tutto l’influsso negativo. Voleva rompere con il suo passato, odiava i soldi e il capitale ereditato.»
«[…] era alla ricerca disperata di qualcosa che né l’infanzia, né la giovinezza gli avevano dato: aveva un assoluto bisogno di credere in qualche cosa, in qualche ideale; era alla continua ricerca di qualcosa che lo portasse oltre e più avanti.»
«A volte avevi la sensazione che fissasse appuntamenti, così, per nostalgia, per solitudine, per allegria.»
«Siamo quindi a una svolta nella vita stessa del paese e delle sue istituzioni.»
«Era prevedibile questa situazione, questa svolta? A mio avviso sì. Infatti […] se consideriamo le esigenze del capitalismo italiano e internazionale, se consideriamo le caratteristiche dello sviluppo dell’industria capitalistica italiana, sia privata che statale, tutto teso nella ricerca del profitto, alla conquista di mercati stranieri, non meraviglia affatto che queste esigenze spinte all’estremo si siano infine scontrate con le esigenze delle classi lavoratrici, degli operai, dei braccianti, delle popolazioni del Sud […] Ed era anche prevedibile che la Confindustria, che le forze più reazionarie italiane e straniere non attendessero, disarmate, questo scontro, oppure che si rimettessero alla azione conciliatrice di partiti in crisi o di un governo che, sempre più, rassomiglia al tradizionale vaso di coccio fra i due vasi di ferro.»