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Tommaso Giartosio

 

“Cinque domande, uno stile” continua il viaggio tra le pagine degli autori candidati al Premio Strega 2024. In questa occasione l’ospite è Tommaso Giartosio. Autore e poeta, conduce la rubrica radiofonica Fahrenheit su Rai RadioTre. Debutta con il romanzo Doppio ritratto (1998, Fazi – vincitore del Premio Bagutta opera prima), del 2019 (Einaudi) è il suo primo libro di poesie Come sarei felice. Storia con padre. Tra le sue numerose pubblicazioni segnaliamo L’O di Roma (2012, Laterza), Non aver mai finito di dire. Classici gay, letture queer (2017, Quodlibet). Con il romanzo Autobiogrammatica (2024, Minimum fax) è approdato tra i dodici finalisti allo Strega 2024.

[foto concessa dall’autore]

Quando accade, quando un’idea, l’Idea, giunge e prende forma, si rappresenta nel suo immaginario, pronta ad essere modellata per diventare una storia, che sensazione si prova e la consapevolezza che la parola appena scritta costituisca la conclusione di un racconto è evidente o necessaria?

Quando un’idea si presenta alla mia immaginazione non è ancora l’Idea. È un’idea. A farne qualcosa di praticabile e credibile è proprio il lavoro di modellazione, che si ripete per stesure successive come un’acquarello, e per certi versi non è mai compiuto; l’idea non perviene mai ad avere un’iniziale maiuscola. La sensazione di compiutezza può riguardare una pagina, un passaggio, un episodio, o anche un buon explicit (per rispondere così alla domanda 2); per l’intero progetto c’è al massimo l’impressione che non crolli, che possa reggere il peso di una lettura.

C’è stato, nel suo percorso di vita, netto e distinto, un momento di scelta in cui ha affermato a se stesso “devo scrivere?”

Nella mia vita, come in quella di tanti scrittori e scrittrici, ci sono stati innumerevoli momenti che costituivano tappe successive di consapevolezza della vocazione. La più importante è stata nell’infanzia, e non ha data. La seconda in ordine di importanza ha avuto luogo nell’estate dei ventidue anni. Credo che ne scriverò nel prossimo libro.

Lo stile è un passaggio che ciascun autore percorre, può in qualche modo divenire un vincolo?

Lo stile ci vincola se è meramente esteriore. Una camicia di forza ci vincola, la nostra pelle no.

In quale misura crede che la letteratura oggi riesca ad incidere nella società e con quale forza lo scrivere costituisca un gesto politico?

Credo che la scrittura incida sempre sulla società e sia sempre politica, ma sempre in modo indiretto e perfino imprevedibile. L’azione diretta non trova posto nella cassetta degli attrezzi della letteratura. Puoi anche usare un libro di poesie come oggetto contundente, ma non è così che funziona.

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