Sputo fuori da questa finestra. Sputo fuori tutto al mondo.
Ho dato fuoco alle mie speranze, ne ho attizzato altre. Molte se ne sono ritornate a casa, senza fiato, arrancanti, distorte.
Altre hanno perso i loro passi per la strada. Altre, be’ altre non so che fine abbiano fatto. Forse mi inseguono ancora.
Delle mie non resta molto. Ho la gola satura, e il respiro in affanno, e freddo tutt’intorno.
Mi guardo indietro, oltre le spalle. Il collo mi duole così come i muscoli tesi dal tempo passato. Riesco a stento a voltarmi, a guardare nel passato e non ho chiara visione di quello che è stato, una sorta di nebbiolina fitta s’insinua tra me e i ricordi.
Le mie dita tremano, è freddo tutt’intorno.
Le mie dita tremano, perchè non sanno più viaggiare lungo fili metallici bollenti. Ne abbiam fatte di cose insieme, scivolando lungo il sudore di nottate estenuanti che non finivano all’alba, ma andavano oltre. Ne abbiam fatte di cose, le mie dita e loro. Esili come le idee che ci portavamo dietro, fragili come le gambe che tenevano a stento le nostre vite su, dure come le sere trascorse all’addiaccio, suonando blues.
Ho ancora qualche blues nella mente, di quelli facili da far girare tra le orecchie della gente, ma così penetranti che una paura fottuta mi prende al solo pensiero d’averceli dentro. Al pensiero di quella musica che leggera s’alza oltre le nostre teste e ci lascia stremati a terra, come in un orgasmo che sai ti fiaccherà per una notte intera. E pur sapendolo, pur sapendo bene che non potrai issarti oltre il tuo limite ti lasci andare, e quel suono s’infila dritto dritto fin dentro l’anima, e ti fotte.
Chè un’anima ce l’ho.
L’abbiamo tutti. Bianchi, neri, sbronzi, strafatti, vergini e peccatori. L’anima è per tutti, così come la morte.
Alcune anime pesano poco e poco valgono, altre si radicano a fondo nella vita e sono dure a svanire. Le devi tirare via a fatica, e so già che la morte deve stringere forte i denti per strapparle, ne ho visti di occhi splendenti duri a morire, ne ho incontrati di sguardi spenti difficili a vivere.
E anime per la strada in cerca di un corpo migliore.
La mia non riesco a soppesarla, ma so che stanotte la sputo fuori. La sputo fuori al mondo.
Le mie dita tremano, è freddo tutt’intorno.
Le mia dita tremano qui dentro, dentro questa piccola stanzetta. L’aria è rarefatta. L’ossigeno si brucia in fretta, così come la vita. Non ce n’è mai abbastanza per quanto vorresti, per quanto te ne serve. Niente da fare.
Qualcosa alle spalle ti spinge in avanti, e non fai in tempo a fermarti che tutto svanisce. Io lo sputo fuori il dolore che non so dire. Forse in qualche modo sono riuscito a farlo scorrere lungo quei fili metallici, ma erano troppo pochi. Lo so bene. Troppo pochi quei sei fili su un ponte talvolta difficile da maneggiare in equilibrio precario. Così come la vita sa darti. Talvolta prendi molto più di ciò che dai, ma non sempre accade e corri a nasconderti. Ciascuno prova a farlo. Nascondersi è per tutti, come avere un’anima. Così come morire. Non era semplice farlo dentro quelle corde, rifugiarsi dentro. E rendendomene conto ho cercato d’andare oltre. Oltre il sentire comune, quel sentire statico che accompagnava la mia adolescenza inquieta. Ho provato a farlo. Ho bruciato il suono attorno a me. Ma la vita non è mai abbastanza per quello che vorremmo farne.
Così stanotte se posso la sputo fuori, la sputo fuori al mondo.
Le mie dita tremano, è freddo tutt’intorno.