Scrivere di un viaggio è provare a rifarlo, magari evitando gli errori.
E forse scrivere della propria vita potrebbe essere la soluzione agli errori che verranno, ma so bene che non sanno leggersi dentro, dunque si presenterebbero davanti ai miei passi, invitandomi ad entrare.
Non è facile scrivere, figurarsi vivere.
Non lo è viaggiare. Per strade che hai conosciuto e t’hanno lasciato un particolare sapore, e d’improvviso ti ritrovi a percorrere cercando di gustarle per come ricordi, ma anche la vita è in cammino e non lascia sapori stantii, in quel caso si parla di morte, ma non sarà oggetto di questa narrazione.
Gonzo non arriva.
E alla seconda pinta il viaggiatore pensa bene di comporre il numero che a stento si riesce a leggere, aldilà del vetro. Dall’altra parte del telefono una voce roca risponde, dicendo che in pochi minuti giungerà davanti all’ostello fantasma. Qui mi preme dire che Gonzo sarà facilmente riconoscibile al lettore castelbuonese o affine. Per chi ha negli occhi Peppe Collesano, ecco, gli tolga i capelli, lo invecchi di una decina d’anni e avrà il Gonzo di Amsterdam. Faccendiere e tutto fare alla maniera del barbiere di Siviglia, per rimanere in tema.
Ci accoglie con un sorriso a ottantacinque denti, ci invita ad entrare nel salone da barba, luogo da film anni settanta in cui tutti i possibili ritrovati d’arredamento sfuggiti alla carità del buon gusto trovano placidamente posto.
Tavolinetti ovali, d’un nero lucente, poltroncine leopardate, specchi fluorescenti e altro kitch d’epoca.
Regoliamo le questioni burocratiche che, in maniera meravigliosamente antiburocratica, si riducono al pagamento della pigione pattuita via internet e nulla più. Nessun documento da esibire, nessun registro da firmare, timbrare, vidimare, francobollare. Una stretta di mano e poi via verso l’irta arrampicata di una scala che si avvolge su se stessa.
Il lettore non si soffermi ad immaginare una rampa a chiocciola, cadrebbe in errore. Diciamo che per dare un’idea più vicina al vero bisognerebbe pensare ad un muro leggermente inclinato con mensole da dieci cm.
Alla fine dell’impervia scalata il viaggiatore preceduto dal cicerone olandese giunge finalmente sulla terra ferma. Un pianerottolo in parquè e due ingressi laterali. Gonzo inserisce la chiave nella toppa di quello sulla sinistra e trionfalmente spalanca la porta su una cameretta 3×4 con due letti ricoperti da lenzuola a fiori. Una coppia di finestre ampie da sul canale (ed ecco svelato il misterioso nome che solo su internet viene fuori:”Canal View Hotel”), e ci mostra fin da subito la vivacità del luogo.
L’affittacamere (che scopriremo essere, affitta barche, affitta birre, affitta marjuana) si mette a disposizione per ogni cosa ricordandoci che d’ora in poi il nostro ingresso non sarà più presso la hall-parruccheria. Rientreremo in camera da una porta secondaria che da sul vicoletto laterale.
Se fossi venuta io… univamo i letti… SE SI VUOLE LO SPAZIO SI CREA!
Una cosa non mi è chiara, tu che sei bassino per passare da una mensola all’altra che facevi? saltavi?
Ti raccomando di sorvegliare quando scendo le scale..
Cara Maria, so bene quanto tu voglia trovare spazio accanto a me, ci sarà modo e tempo!
FrankieHolland, ovvio che sorvegliamo la tua discesa, preziosissimo Cicerone sei!