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Questo è quello che avrei voluto scriverle …
(… ma lo leggerai tu. Lo leggerai poi davvero?)
Avrei dovuto forse, ma non ne ho avuto il tempo, né, in fin dei conti, la voglia. Per ciò che realmente vuoi, credo si possa trovare il tempo e il modo. È un incanto che trattengo a stento, ancora… Tutto quello che abbiamo trovato l’abbiamo perso cercando. E pensavamo d’essere invincibili, e ci illudevamo di nascondere i nostri sospiri tra le mani. Ma le nostre dita indicavano già oltre. E le tue, lo ricordo bene, s’intrecciavano con altre dita. Non le mie. Ma era quello che volevamo. Nessuna lacrima, nessun rimpianto. Nulla ci riporterà agli errori di ieri. Tutto ci fa presente, siamo presenti a noi stessi e lo rimarremo finché avremo coscienza d’essere. La brezza è lieve, lo è sempre stata, accarezza il mio sorriso, potessi vederlo, sembra esplodere dal dolore che ho vissuto nel profondo, ma è stato mio e tu non puoi saperne nulla.
Tu che mi hai amato dov’eri?
Dov’eri quando le mie scarpe scivolavano sull’asfalto viscido?
Dov’eri nelle sere d’inverno quando avresti dovuto riscaldare le mie ossa fradice. Se tu avessi voluto saresti stata là.
E invece dov’eri?
A raschiare il fondo di un’esistenza di merda, a grattarne gli ultimi residui e prenderne altra?
Dov’eri tu che m’amavi?
A rimproverare da lontano i miei gesti, a giudicare le mie parole e il suono, come se ne avessi la capacità.
Mi hai ascoltato veramente fino in fondo?
Dov’eri tu che m’hai amato? A prendere il tè delle cinque, forse? A viaggiare di stazione in stazione prendendo a calci la luna e qualche lattina di birra schiacciata dai passi distratti di qualche vagabondo ebbro? Se davvero dicevi d’amarmi non avresti lasciato da solo un uomo che vedevi bene bambino.
Avresti potuto prendermi per mano e condurmi lontano, almeno dall’altra parte della strada.
Dici d’avermi visto a tratti e mai cercato.
Tutto quello che avevamo l’abbiamo perso cercando.
Tu ed io.