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Agatino il guaritore a Palermo

Sono gli imprevisti che compongono il disegno dell’esistenza di ciascuno, direbbe il buon Agatino. Così, oggi pomeriggio la pioggia, che non si è affatto risparmiata, ha battezzato me e Angelo lungo il cammino. E ha brindato con noi alle nostre parole.
L’incontro in Feltrinelli, grazie a Roberta che ne ha promosso la realizzazione, ha creato l’occasione per rivedere vecchi amici perduti nel tempo come Marco, per incontrare di persona contatti virtuali come Alessandro e Mimmo (che non smetterò mai di ringraziare per il richiamo a Macondo), conoscere Laura, ritrovare Luciano (che è stato angelo custode in un pomeriggio di maggio di qualche anno fa e che ha apprezzato la copertina, ed è un gran punto di partenza), e poi Camillo, Massimiliano, Daniele, Filippo (presidente puntuale e gentile come pochi), essere abbracciati dallo sguardo amorevole di Rosita e Simona e Giusi. Ascoltare il contributo di Andrea sul pensiero magico che ho molto apprezzato.
Sapere di potere sempre contare sul supporto di Maddalena e dei miei fratellini, biologici e non (Jebe, Paolo e Martina), incrociare gli occhi dei curiosi di passaggio che ascoltano e si fermano e cercano una sedia libera per potersi sistemare meglio.
Ecco, la vita è uno sforzo continuo alla ricerca della giusta collocazione dentro l’imbuto dell’esistenza. Forse concluderebbe così Agatino. Ma adesso è tardi. Domani sarà.

 

[foto di Laura Pitingaro e Martina Conoscenti]

Di seguito il contributo di Angelo Ciolino su Agatino il guaritore.

Sulle tracce di “U varvasapiu i puoddina”.

L’elaborazione grafica della copertina, altra dote sconosciuta dell’Autore, mi ha richiamato casa Castelli Di Pace, dove insieme abbiamo passato diverse ore tra i libretti, gli articoli di critica letteraria e musicale e le opere di Antonio Castelli: sia il fronte che il retro è molto eloquente, come tutto il corredo.
La prima sensazione nel corso della lettura è quella di un realismo popolare che ha, anche, una sua radice storica, nel nostro territorio, nel XVIII secolo: il proverbiale “varvasapiu i puoddina”.
La riflessione più profonda inquadra invece il romanzo nella doppia verità che anima i diversi protagonisti, come l’esistenza profonda di ciascun uomo. Per quanto la biforcazione ci ponga la necessità della scelta, le vie esistenziali non sono caratterizzate dal aut aut, ma contemplano il percorso doppio, la sperimentazione della contraddizione, il disorientamento e quindi il ricorso alla trascendenza.
Per quanto il protagonista si erga su tutto, il romanzo è corale e vi è proporzione tra i diversi personaggi ai quali, oltre che il titolo dei capitoli, viene dedicato un ritratto attento ai risvolti della personalità.
Il protagonista nella sua amoralità riesce interessante e persino simpatico, con la sua “paternità” nei confronti di Marcellina, quasi a compensare la figura paterna che a lui era mancata. La forza delle sue idee e dei suoi espedienti comunicativi ne fanno un’autorità per tanti, in cerca dei sogni perduti e di liberarsi del peso della mortalità e del dolore.
Il guaritore, non è solo e prima di tutto un mago, ciarlatano, imbonitore, guaritore, truffatore, ma è, nomen omen, Agatino, nella molteplicità dei significati di Agathos: 1 buono, 2 dabbene, 3 onesto, 4  virtuoso, 5 nobile, 6 coraggioso, 7 valoroso, 8 bravo, 9 abile, 10 ferace.
“Amico dei bisognosi (non clienti ma amici)” … a vantaggio dei quali, con il “tessere e ricostruire [che] stava alla base del suo mestiere” … e “grande capacità di osservazione … [e ] qualità mnemonica”, si adopera, anche se non a titolo gratuito.
Già bambino, figlio del prete che portava “il conforto spirituale” alla madre, “scoprì quanto il mondo fosse una catena ininterrotta di abbandoni”, che suggerivano di non legarsi ad alcuno. E di fronte al primo lavoro la scoperta di un altro caposaldo: “la vita non è altro che una catena ininterrotta di condizioni che obbligano a piegare la schiena e, con essa, la coscienza”.

Di fronte a Marcella che vuole affidargli la nipotina: “molti corrono sul carro che vuole sminuire l’esperienza del dolore. … Il dolore accompagna l’esistenza stessa del genere umano. La sua esperienza ci conforta e ci aiuta a intraprendere quel tortuoso cammino che è indirizzato proprio all’umanizzazione della società … salvezza dalla brutalità”.
La sua capacità di risolvere i problemi, delle persone che ricorrono a lui, è nel far emergere le soluzioni che già sono dentro ciascuno di loro e che si attribuiscono al salvatore di turno (mago, guaritore): nella rifrazione del pensiero e dello sguardo altrui, Agatino, e non solo lui ma ciascuno di noi, attraversa la vita degli altri, illuminandola, fornendo un aiuto o finanche, pretendendo di far il bene, distruggendola.
Ma dietro l’angolo dell’intelligenza, del mestiere, della saggezza, c’è l’imprevisto: Agatino “sapeva bene che una serie fortuita di coincidenze non poteva celare l’imbroglio dell’impotenza umana contro la natura del dolore.” Ma non può sottrarsi dinanzi alla cecità di Tommasino, che lo coglie di sorpresa, di domenica, e come ne “Il vecchio e il bambino” di De André, lo costringe a trasferirsi nel mondo delle fiabe, del mistero. Come nel più particolareggiato miracolo evangelico, quello del cieco nato, Agatino opera con le sue dita sugli occhi del bimbo e senza alcuna ragione, spiegazione, muta, inconsapevolmente, a sua insaputa, la realtà. – «Un gesto folle e istintivo … coprire con i pollici gli occhi … stringersi a essi … con una dolcezza che non sapeva di possedere. Li massaggiò in senso orario per un tempo indefinito.
Aveva trovato l’equilibrio in quel vortice oscuro di paure, … aveva acquietato l’animo … come in un rigurgito gli risalirono …parole mai dette» – Ma la verità è in quello che dice la coscienza: “non ho fatto alcun miracolo … sono un impostore … ho cavalcato l’onda della stupidità umana”? o è in quella degli eventi, sia pur inspiegabili? in quella dei testimoni e dell’opinione pubblica o addirittura in quella costruita dai media?
“La verità … ha un peso insignificante”, è qualcosa che “rimette in discussione ogni convinzione … non un fatto compiuto ma qualcosa da ricercare”. È in questo relativismo esistenziale che la storia di Agatino può avere il doppio finale: storia di teatrante o storia di un miracolo per sollevare le sorti dell’azienda (Chiesa, consorteria, personale).
Il protagonista di questo romanzo emerge in una storia architettata in una coralità di personaggi e ambienti, che come tante strade convergono al centro del discorso che l’autore decide di fare, di dire, con il metodo, come scrive Consoli, dell’addizione. 

In verità il variegato mondo dei personaggi sembra via via convergere nella figura del protagonista, ciascuno apportando valori e disvalori, idee e sentimenti, vizi e virtù, intelligenze e dabbenaggini propri della società.
È la trama di vite che si rivolgono al guaritore che ci restituisce, in un paese come tanti, una provincia forse non reale ma verissima, con la natura incolta, le case dimesse e scolorite e le strade, le biforcazioni, la varia umanità, fatta “dalla speranza della disperazione, da dolori profondi o da prosaici problemi”.
Osserviamo per alcuni personaggi la pennellata incisiva con cui l’autore li illumina: Marcella: “lama di luce … da scansare, … scattante e sgusciante, leggera ed elegante, fieramente nubile”.
Santina: “bella, selvaggia e bestiale, … un bizzarro modo di vivere schiacciato sull’asfalto”.
Il giocatore: “una bestemmia non aveva mai ucciso nessuno e molte avevano il pregio di sminuire la forza peccatrice. Erano semplici intercalari che uomini probi nell’animo riversavano sulle loro sconfitte”.
Arcangelo: “Sogni e legami … destinati … a rimanere memorie sbiadite, … che … spezzano ogni resistenza e ci lanciano come aquiloni abbandonati alla mercé delle correnti”.
Il Brigadiere Setticè : “Mimetico e discreto … fantasma dell’arma … uomo giusto per certi incarichi… all’interno di una ben definita rete di collaboratori”.
Cicco Milioto, il calciatore corrotto: “i sogni si infrangono all’alba, quando la realtà nuda bussa alle porte della mente e ci ridesta dalle splendide immagini notturne con cui le rivestiamo”.
Il reporter Littorio: espressione di una città, una famiglia, che è “una vera e propria ambasciata dove il principio del diritto veniva a sospendersi in luogo di interessi altri”.
E dopo i personaggi qualche tema o riflessione:
La politica … “un marchingegno costruito per … soggiogare il popolo, spezzarne la voce e tenerlo con la testa schiacciata a fil di suola, così da non permettergli di scorgere le bellezze del mondo e … pensare la terra un misto di polvere e fango”.
“La questione, posta dal Cardinale, … quanto convenga agli esseri umani l’esistenza di Dio? … [con] l’attenzione riversata sulle molteplici inflessioni di sì [della risposta]. Non tutti i sì sono i medesimi, … non tutti i sì sono assertivi … molti sono interlocutori … tantissimi rappresentazione di menzogna”.
La verità di “Dio … rimette in discussione ogni convinzione … non un fatto compiuto ma qualcosa da ricercare”.

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