La realtà dell’altra persona
non è in ciò che ti rivela,
ma in ciò che non può rivelarti.
Perciò se vuoi capirla,
non ascoltare ciò che dice
ma ciò che non dice.
[K.Gibran, Sabbia e schiuma]
L’attesa ha un respiro di fatica. E cammina stanca su occhi umidi. Il mare si specchia nel grigiore d’un mattino affannato.
Il cuore è in piena.
Le voci dei presenti sospirano e lamentano paure. Il cigolio delle lettighe attraversa la mente da parte a parte. E i pensieri vengono fuori come schizzi di sangue. Anche le angosce devono parlare, mentre l’eco dei passi cammina per i corridoi e si spegne oltre lo stridere sordo di una porta chiusa. Qualcuno tossisce, altri singhiozzano, altri ancora sorridono forte a coprire la morte.
L’attesa ha il sapore di un amplesso impossibile da consumare. Sei lì ad un passo e non puoi.
Non sai.
In camice verde come formiche operose vanno e vengono. Hanno poche parole da dire e muovono gli occhi, chè la gente non veda. E hanno pacche gentili e strette di mano cortesi e fogli svolazzanti per le mani che conducono di stanza in stanza, di consulto in consulto.
E poi, non sudano mai.
L’attesa comune si vela di tristezza come per tutte le cose che non riesci a capire.
E vedi l’amore a sfiorare le dita, a voler strenuamente trattenere la vita.
Mentre il cuore arranca.