Il viso scolpito dal tempo con cicatrici e rughe testimoni di estenuanti cammini, di ritorni e fughe. Gli occhi scavati, infossati nel blu di un…
Leave a CommentCategoria: Poeticherie
Ci sono silenzi che sai ben dire, da coltivare come fragili roseti, e sfuriate di vento che tutto spazzano via, e strappano al tempo i…
Leave a Commentdirei di correre,
di bere e brindare,
odiare, perdersi
e se avrà tempo d’amare.
A mio figlio direi di correre,
scalzo sul fuoco del mondo
saltare gli ostacoli,
scansare i tentacoli di piovre latenti,
quegli esseri informi che sguazzano in paludi stagnanti.
A mio figlio direi di correre al vento
lasciando alle spalle qualsiasi rimpianto,
e correre a casa e per strada
e dovunque vada scrollarsi di dosso
ogni cosa che leghi il pensiero come il cane al suo osso.
Vorrei essere il lenzuolo di seta che nelle fredde notti d’inverno ti abbraccia e riscalda il tuo corpo e nasconde l’anima. Vorrei essere la pioggia…
Leave a CommentPotremmo ritrovarci a parlare di minchiate ogni giorno, perché la vita questo è: una gran minchiata, male organizzata da uno che ha bevuto pesante!
Leave a Comment… afferrò il sole e ne fece scintille e prese il fuoco e riscaldò la casa e versò il sangue e dissetò le folle e…
Leave a CommentSembravano perle, ma non erano che gocce di sudore. A fatica scivolavano lungo la schiena invecchiata dai giorni impietosi, che pesanti s’erano adagiati su di lui senza chiedere permesso, come accade per la polvere che in silenzio copre i ricordi, i rimorsi e talvolta il dolore.
In quel preciso istante, un istante troppo simile a quello trascorso in un’intera vita, serrava i pugni e stringeva i denti, proprio come gli era sempre stato detto, così come la madre, il padre e i fratelli maggiori gli avevano fatto vedere da quando i suoi occhi avevano preso luce e coscienza.
Era giunto al mondo in ritardo, che nessuno credeva fosse possibile. La madre bianca nel viso e negli occhi, stanca e tirate la mani sul grembo pensava a filare, e non credeva possibile che potesse amare ancora. Ma la tempesta spazza via i campi e il lavoro s’arresta, e la fatica del giorno si riversa dentro cosce e lenzuola, e la forza dell’uomo dura un misero istante, che si perde in un rantolo muto ma conduce alla vita. Era in piena tempesta che il padre lasciò un altro ricordo di sè, un ricordo giunto a scombussolare le notti di una stanza ammuffita dalla povertà, dimentica da tempo del suono dei vagiti, del profumo della pelle candida, del silenzio di uno sguardo fresco di paradiso, che ancora poco si abitua alla luce dell’inferno.
Era arrivato per caso, come spesso accade, e nell’inferno s’era presto calato.
Cresciuto a quel modo, insinuato in esistenze dai ritmi ben scanditi, piegate dalla fatica, calpestate quotidianamente dalla voce del padrone, dal campo d’arare, dalla semina, e dal raccolto che passava di mano in mano senza lasciare traccia,
in quell’inferno era stato lesto a ricavarsi il suo misero spazio. Teso sull’esile corporatura, pronto a combattere, a contrastare gli eventi.
Voglio indietro il mio tempo sudato a rincorrere fantasie imbevute d’ebbrezza, voglio indietro l’incanto e la follia, le giornate bruciate in un sospiro accennato,…
Leave a CommentCome figlio del vento, oggi qui domani là, a soffiar dove l’aria si fa più leggera e rimanere vortice dentro me stesso, per non far…
Leave a CommentCerte volte scrivo, e sono viaggi e rincorse a perdere e tremori svaniti in un raggio di luce e l’alba di un cammino destinato a…
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