
Quando le forze dell’ordine fecero irruzione nel monolocale erano le dieci del mattino. La città rumoreggiava caoticamente. L’incedere delle automobili superava di gran lunga i sospiri delle persone per la strada intente ad andare, lì dove qualcuno attendeva. C’era gente che passo dopo passo s’incamminava a far la spesa, altri in puntuale ritardo per l’appuntamento di una vita, altri ancora a zonzo. A metter naso per negozi senza un centesimo da spendere ma con la ferma volontà di puntare il vestito griffato, le scarpe ultimo grido, l’ultimo figlio della tecnologia che avrebbe permesso di condividere i propri rutti, in una rutilante gara per continenti. C’era gente intorno, ferma a scrutare quelle due volanti che a sirene spiegate s’erano fermate ad intralciare la passeggiata mattutina, e col loro stridere e i lampeggianti ancora vivi disturbavano i pensieri annebbiati dal mattino che non voleva sapere di svegliarli.
Il capo pattuglia della prima volante chiese al portinaio le chiavi. Il signore, un settantino mal concio, piegò le piccole spalle, che ancor di più svanirono oltre il lungo collo, e senza dir parola fece capire che non era affar suo. Quel vecchietto claudicante non aveva mai avuto chiavi. Figurarsi quelle del tipo strano che abitava il terzo piano di uno stabile fatiscente, come ogni periferia sa dare.
Da giorni non si avevano notizie dell’inquilino.