Certe volte scrivo,
e sono viaggi e rincorse a perdere
e tremori svaniti in un raggio di luce
e l’alba di un cammino destinato a morire.
Certe volte viaggio,
e sono scritture smarrite in fondo alla strada,
sorpassi azzardati dall’ultima fila
e pensieri veloci perduti dietro la pelle.
Certe volte piango
e nascondo la faccia dentro mani assenti
e confondo i miei occhi e camuffo la voce
e prometto a me stesso che non accadrà più.
Certe volte sorrido,
ma lo vedono in molti dunque ha poca importanza
come il vecchio che dice “io ne ho avuta speranza”
mentre il rantolo sordo gli scava la fossa.
Certe volte sogno
di lei che mi porge la tazza da thè
e soffio paure oltre il bordo bollente
e la guardo negli occhi che non vedono niente.
Certe volte muoio,
ma poi giunge il mattino a placare la sbronza
a lavarmi ferite e destarmi lo sguardo
a sputarmi la voce, a pulire la voce.
Non prego mai,
eppure certe volte vorrei saperlo fare
per aver tra le braccia qualcuno più forte
delle misere spalle
della mia triste notte.