“Cinque domande, uno stile” ospita Chiara Gamberale. Scrittrice e, inoltre, ideatrice del festival letterario Procida Racconta. Tra i suoi numerosi lavori ricordiamo il romanzo d’esordio “Una vita sottile” (1999, Marsilio poi in Giangiacomo Feltrinelli Editore), “L’amore quando c’era” (2021, Mondadori), “Avrò cura di te” (2017, TEA, scritto insieme a Massimo Gramellini), “L’isola dell’abbandono” (2019, Feltrinelli), fino all’ultimo “Il grembo paterno” (2021, Feltrinelli). Da poco ha annunciato l’uscita del suo prossimo romanzo per Adriano Salani Editore che sarà pubblicato a marzo del 2023.
(foto tratta dal profilo FB)
Quando accade, quando un’idea, l’Idea, giunge e prende forma, si rappresenta nel suo immaginario, pronta ad essere modellata per diventare una storia, che sensazione si prova?
È esattamente come quando ci si innamora. Per misteriosi motivi, si capisce che sì, è successo, sta toccando proprio a noi…Io funziono così, prima sento l’urgenza di andare a capire meglio qualcosa, nel mondo o dentro di me, poi la trasformo in una sfida stilistica ed eccola lì: l’idea.
La consapevolezza che la parola appena scritta costituisca la conclusione di un racconto è evidente o necessaria?
Tutte e due le cose insieme, credo. Ma si tratta di un’evidenza e di una necessità assolutamente personali.
C’è stato, nel suo percorso di vita, netto e distinto, un momento di scelta in cui ha affermato a sé stessa “devo scrivere?”
No. Ho cominciato a farlo fin da bambina, semmai sento di non poter fare altro.
Lo stile è un passaggio che ciascun autore percorre, può in qualche modo divenire un vincolo?
Certo che sì. E bisogna stare sempre molto attenti a non scimmiottare se stessi.
In quale misura crede che la letteratura oggi riesca ad incidere nella società e con quale forza lo scrivere costituisca un gesto politico?
La letteratura è il mio mezzo per comprendere me stessa e il mondo, lo ripeto. Personalmente credo che l’unica chiave di accesso alla realtà sia la possibilità di una visione.