– Guido Morselli, 2012 – Adelphi – pp. 142 – € 12,00.
Quanta solitudine dentro ad un cassetto. Il destino di questo romanzo, appeso al filo del rifiuto. E il suo autore che si spegne, dopo avere attraversato il mondo, senza il disturbo dell’umanità che accanto strombazza. E l’immagine dei due aerei abbracciati in un deserto di anime. E l’idea che ogni cosa è inutile clamorosamente inutile senza il vocicchiare di uomini che ne hanno necessità. E quel pensare angoscioso al nulla che ci circonda, prima e dopo, la parentesi di vita che ci fa testimoni di una storia, che storia non ha. E l’immenso e placido silenzio che ci attende. Un testo potente, un libro unico, un dolore dissipato.
“La fine del mondo? Uno degli scherzi dell’antropocentrismo: descrivere la fine della specie come implicante la morte della natura vegetale e animale, la fine stessa della Terra. La caduta dei cieli. Non esiste escatologia che non consideri la permanenza dell’uomo come essenziale alla permanenza delle cose. Si ammette che le cose possano cominciare prima, ma non che possano finire dopo di noi. Il vecchio Montaigne, sedicente agnostico, si schierava coi dogmatici, coi teologi: «Ainsi fera la mort de toutes choses notre mort». Andiamo, sapienti e presuntuosi, vi davate troppa importanza. Il mondo non è mai stato così vivo, come oggi che una certa razza di bipedi ha smesso di frequentarlo. Non è mai stato così pulito, luccicante, allegro.”