Ferito a morte
– Raffalele La Capria, 1961 – Bompiani – pp. 248.
«“Tu capisci, in una città dove il settanta percento non ha un lavoro fisso, per forza devi inventare, non trovi? Ci costringono” – La sua fantasia lo spingeva irresistibilmente a inventare, anche quando non ce n’era bisogno, inventava perfino le cose che gli capitavano… “La mia vita è stata tutta un’invenzione”».
Scrive La Capria, con le spalle rivolte al futuro, lo sguardo proiettato indietro alla ricerca dei passi, delle voci, dei volti smarriti dal tempo, mescolati dalla vita. Un inesorabile e malinconico canto dei giorni andati, delle persone andate, delle speranze andate. Venute via, come zampilli d’acqua dal tuffo della gioventù.