Il consiglio d’egitto – Leonardo Sciascia, 1989, Adelphi – pp. 242 – € 12,00.
La tempesta smuove le onde e il destino del viaggio viene spostato verso un lido inatteso. Tutto ha inizio quando Abdallah Mohamed ben Olman, ambasciatore del Marocco, nell’inverno del 1872, si trova in preda alle bizze del mare e naugrafa presso le coste di Palermo. Il gran signore viene accolto con tutta la ossequiosità che merita. Ma in che modo mostrare tutto l’affetto che la nobiltà palermitana nutre per lo straniero, con che parole? Urge un traduttore. Il caso e l’inganno sono figli dell’opportunità. E frate Giuseppe Vella, piccolo tozzo siculo-maltese, sa bene come cavalcarli entrambi, conosce a menadito l’arabo, antico e moderno, così dice, e sfida in dispute ardite coloro i quali con alterigia mettono in dubbio le sue conoscenze. Alla partenza, l’ambasciatore marocchino lascia carte e parole da decifrare, codici e cavilli, rimandi alle origini di una civiltà, quella siciliana, sempre più in bilico. Vella scorge la possibilità di crearsi un fulgido avvenire, il frate conosce quel che tutti i figli indolenti del grande feudo vorrebbero sapere, conosce la debolezza dell’ignoranza e, prendendo spunto da un trattato storico che narra le vicende di Maometto e nulla ha a che vedere con lasciti e proprietà, crea un meraviglioso castello di menzogne.