Il tempo di una canzone
– Richard Powers, 2010 – Mondadori – pp. 835 – € 14,00.
Tasti bianchi tasti neri. Differenze che confluiscono, fondendosi in un’unica melodia. Razze miste sovrapposte, intrecciate in un infelice contrappunto, tendono ad essere un’unica anima, una sola canzone. E il suo tempo, l’incedere che dura tutta una vita, e scorre, nel dolore, nell’incomprensione, nell’allontanamento. Nella folle idea di emanciparsi, da neri, in un mondo egemonizzato dai bianchi. E sullo sfondo una cultura ancora primitiva che tiene a distanza ogni cosa che appare diversa, così come deve essere. Per mantenere la supremazia. La bellezza di questo racconto, mastodontico, non può esaurirsi in un breve commento, va assaporata, pienamente pagina dopo pagina, nota dopo nota, canzone dopo canzone, per rendersi conto, in conclusione, che ogni cosa che è stata è, e continua ad essere, perché passato e futuro confluiscono nel presente, così come i bianchi e in neri si fondono nella medesima melodia, che Jonah, l’anima distante di questa storia, ha inseguito da sempre, fino a ritrovarla in una battaglia a perdere di lotte civili.