La rubrica “Avanscoperta” ospita Giuliano Brenna e il suo nuovo romanzo L’odore dei cortili [Il ramo e la foglia edizioni, pp. 264]
Quando ho iniziato a tratteggiare i personaggi di L’odore dei cortili, ho avuto l’esigenza di parlare di una sorta di censura interiore che spesso ho osservato nelle persone. Non era nelle mie intenzioni scrivere un trattato su certi aspetti della personalità ma semplicemente dotare i personaggi di una caratteristica ben precisa che spesso è celata ma presente.
Ho immaginato che questa censura sia messa in atto da un giudice o addirittura da un dittatore interno, che convive con gli aspetti più sereni del carattere. Nella trasposizione romanzesca questa duplicità mi ha portato a creare due personaggi molto diversi tra loro ma in qualche modo complementari, di fronte a essi ho posto la censura esteriore e assolutamente fisica e tangibile di una dittatura. In questo modo la storia ha preso l’avvio nel Portogallo oppresso dalla dittatura di Salazar, con i personaggi principali speculari e opposti come età, status sociale e modello di vita. La rivoluzione dei garofani, come è noto, ha liberato il popolo portoghese dall’oppressione, parallelamente i personaggi del romanzo hanno avviato il loro percorso verso la liberazione dai sensi di colpa acquisiti e dall’oppressione di un carnefice interno.
Pensando all’ambientazione portoghese mi è venuto spontaneo parlare di Lisbona, dove, fino a qualche anno fa, prima dell’esplosione della bolla speculativa, era possibile vedere molte case fatiscenti o diroccate, spesso accanto a esse vi erano dei piccoli cortili, invasi da erbacce e detriti. Questi vecchi edifici emanavano un odore molto particolare, non gradevole né fastidioso ma unico e inconfondibile, sebbene ciascuno di essi aveva una sua personalità.
Ho sempre creduto che in questo odore fosse racchiusa l’essenza delle persone che avevano abitato quegli edifici, i loro lati più evidenti accanto a quelli meno visibili, o celati. Il singolare aroma che quelle rovine emanavano ha sempre rappresentato per me il filo del ricordo, il legame col passato e con le storie vissute. Così il protagonista Mattia Rosenberg ha preso corpo in un giovane portoghese, ma il suo nome, chiaramente straniero, sottolinea il suo essere in qualche modo alieno, non perfettamente assimilabile con il suo contesto per sottolinearne la difficoltà a connettersi con le persone che lo circondano. Coprotagonista è il capitano Green, uomo dal passato controverso, attanagliato da sensi di colpa e perseguitato dai suoi fantasmi. Via via accanto a loro sono apparse varie figure che li hanno condotti verso una pacificazione con le loro esistenze, dandogli la necessità prima e la capacità poi di esprimersi liberamente e condurli verso la redenzione. Inoltre, nella narrazione trovano posto vari personaggi, simbolici per i loro diversi modi di affrontare e vivere le proprie inclinazioni e gli affetti. All’interno del gioco di specchi dei personaggi uno di essi riveste il ruolo dello Stato portoghese libero dalla dittatura e finalmente dalla parte del popolo.
Nel corso della narrazione ho scelto di usare, nelle descrizioni, gli odori e i profumi invece dei colori, per sottolineare la persistenza dei ricordi e dei legami attraverso il tempo e lo spazio. Inoltre, rappresentando una situazione di oppressione e censura, in alcuni passaggi sembrava non esserci speranza per le vite dei personaggi, così, per poter infondere alla narrazione speranza nel futuro, poiché parlo di speranza e soprattutto di futuro, ho scelto di sfumare alcune scene in metafore o elementi onirici, proprio per sottolineare come attraverso la mente e il pensiero si riesca a trovare una strada verso la liberazione.
“Mattia fuma affacciato alla finestra, vede i due che si allontanano tenendosi per mano. Il profumo dei gelsomini sale lento dai cortili, entra nella stanza e sembra voler scacciare ogni residuo di oscurità col suo sentore dolce e lattescente, fruga in ogni angolo e invade benefico e silenzioso tutta la casa”