La luce bianca di Madrid e l’incedere lento. Avvolto dal freddo, mite, che quasi gentilmente m’accarezza il viso senza far male, vago per la città da una calle all’altra, quasi fosse Venezia. Ma è già passato un anno e questa è un’altra storia. Una storia di voci e gesti comuni, mediterranei nei colori e negli accenti. Così simili, fraterni. Senza grossi filtri né articolate traduzioni s’entra nel cuore della città. In quella piazza Grande che Dalla avrebbe potuto ben cantare, ricca di schiamazzi ed eccessi e canzoni e portici sotto i quali nascondere la propria miseria. Accade anche questo, al riparo dal freddo più che in salvo da occhi indiscreti. Chè d’occhi se ne contano a migliaia in cerca di uno sguardo oltre il cartone rabberciato.
“Hola, amigo, un dinero per il moro”, dice baldazoso un omone dalla stazza imponente, messo lì, forse a far ombra nelle giornate di canicola. Ma è freddo e siamo a gennaio. E la capitale spagnola si raccoglie, intimamente come in un fazzoletto dentro cui conservare le gioie migliori.
Bocadillos e Cerveza.
E ancora avanti fino a quando il respiro si mozza, al caldo di una stanza carica del silenzio di centinaia di astanti, tutti lì, fermi. Impietriti.
Ciò che l’immaginario collettivo accetta e fa proprio, poi filtra in un personalissimo dolore, in un’intima considerazione.
Guernica.
Con infiniti sostrati di possibili analisi, ti colpisce nel gesto ingenuo di un bambino che raffigura l’orrore, dei grandi.
Madrid è anche questo.
Ed è nell’incedere che mi perdo, nel ricercare e ritornare. Nel rimanere col naso all’insù ad ammirare le guglie, le insegne che attraversano la storia e l’accompagnano, sostenendola. Me ne resto col naso all’insù per poter afferrare al meglio i profumi di una cucina intensa.
Scivolo verso il grande inganno del sognatore errante e mi diverto a risalire, per produrmi in una grottesca posa. A sorreggere il cavaliere e il suo fido scudiero. Immagine di ciò che mille volte ho pensato d’essere e troppe volte ho finito d’essere.
Con il capo ammonitore di un’enorme statua che mi osserva e sorride.
Anche lei.