Ospite della rubrica “Avanscoperta” è Ilaria Grippaudo, musicologa e docente di storia della musica. Ha da poco dato alle stampe “Musica e devozione nella Città Felicissima” (2022, Olschki).
Le abbiamo rivolto alcune domande sul suo ultimo lavoro.
Il ricercar di antica memoria acquisisce un fascino particolare in campo musicologico. Qual è la motivazione che l’ha condotta a ritornare alla “felicissima città” che è stata Palermo all’epoca della sua ricerca?
Più di una motivazione, a dire il vero. Innanzitutto la curiosità di indagare l’immagine sonora di una città che tuttora rivela un volto musicale estremamente sfaccettato. Giorno per giorno, attraverso lo studio delle carte d’archivio, è emersa la fisionomia di una Palermo percorsa di continuo da eventi sonori. Uno spazio musicalmente saturo in ogni possibile dimensione, che man mano prendendo forma restituiva il profilo di una città che in ogni luogo sembrava risuonare di musica. E che, andando avanti, faceva affiorare un’ulteriore fortissima motivazione: il bisogno quasi imprescindibile di far rivivere in qualche modo quei suoni. Di sottrarli all’oblio, di renderli vivi e ed eloquenti. Di ricostruire una presenza concreta che però si scontrava con numerose assenze (di partiture, di immagini, di luoghi), ma che forse anche per questo si rivelava sempre più affascinante.
Per illuminare un contesto così articolato, così vivido ma immateriale, era inevitabile addentrarsi nel cuore di processi di natura sociale. Consapevolezza che quasi naturalmente mi ha portato a indagare le forme di committenza delle congregazioni religiose, protagoniste della vita culturale cittadina e da subito promotrici di iniziative musicali di spessore. Da lì si sono aperte infinite prospettive, a partire dal ruolo delle comunità femminili, alle connessioni economiche, alla funzione della musica come mezzo per marcare politicamente un territorio. Per poi arrivare a considerare i rapporti tra musica e identità, tra musica e longue durée, tra musica e spazio urbano. Tutte connessioni riscontrabili nel proliferare di iniziative musicali che arrivarono a rivestire un ruolo fondamentale nell’immaginario palermitano, imponendo la festa-spettacolo nel codice celebrativo locale e trasformandola da semplice occasione devozionale a vera e propria celebrazione dell’urbe. Una congiuntura felice, direi anzi ‘felicissima’, che rese Palermo fra le interpreti dei principali circuiti sonori dei secoli passati.
Emerge un ruolo centrale della musica nella società del tempo, come considera invece la marginalità – per certi versi auto-reclusiva – che vive la musica “colta” nella contemporaneità?
Non vi è musica che non sia contemporanea. E allo stesso tempo è vero che la musica ‘colta’ vive oggi una condizione di inattualità. Da un punto di vista squisitamente personale, fra le cause possibili vi è forse uno scollamento tra intenzione, funzione e fruizione. Tre aspetti che nella musica della società del tempo erano indissolubilmente legati, e che oggi sembrano invece allontanarsi sempre più. Nello scenario musicale del passato le interconnessioni tra protagonisti (autori, esecutori, ascoltatori), tra stili e tecniche, nonché tra creazione e fruizione erano talmente forti da non richiedere alcuna messa in discussione. Oggi è come se l’orecchio dell’ascoltatore non fosse più in grado di cogliere, o non fosse più interessato a cogliere l’intenzione sottesa ai processi sonori. Certamente, non sempre questa intenzione esiste e non tutti i compositori sembrano inclini ad assumersene la responsabilità. Ma laddove l’intenzione diventa più articolata, più densa e complessa, dall’altro lato il fruitore sembra sguarnito e impotente, incapace di afferrarne l’essenza più vera. Smarrendone la funzione e di conseguenza le potenzialità espressive. È dunque necessario un nuovo sguardo, una nuova prospettiva. Una nuova ‘inquadratura’. Soltanto attraverso la piena consapevolezza dei linguaggi, il rispetto della struttura, lo studio e la conoscenza delle musiche del passato è possibile che la musica colta contemporanea recuperi una sua autentica dimensione di centralità.