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Nel museo di Reims di Del Giudice

– Daniele Del Giudice, 2010 – Einaudi – pp. 56 – € 9,50.

Un gioiello da leggere e rileggere. Un testo sull’imminenza di un accadere, sulla perdita, sul qui e adesso, sul futuro che è doloroso abbandono del presente. Un testo sulla malattia e sulla vita, e sulla vita che è malattia.

«Ci sono delle persone che stanno tutte sul bordo dei loro occhi. Spuntano da lí. Non dipende dalle loro qualità interiori, magari altri, piú ricchi dentro, hanno uno sguardo che non arriva fino alla pupilla, si ferma prima, chissà dove, che so, al diaframma, al petto, o da qualche parte nella testa. Io non so come lei veda, ma il suo sguardo si vede cosí tanto. Lei è tutto lí, sul bordo dei suoi occhi».

«… è difficile accettare di essere scelti per certi destini, specie quando mi sveglio cosí di colpo nel cuore della notte, e tutto diventa piú drastico e senza respiro, e perfino una faccenda come la mia che non avrebbe momenti piú drammatici essendo già sul limite ogni ora, tocca una soglia ancora piú scabra, di notte, quando tutto è fuori misura, nel buio, che anticipa il buio nel quale finirò, e in ore come questa faccio già le prove.»

«finivo per essere solo anche mentre loro erano lí, separato e diviso da un cristallo che rimandava me a me stesso con la scritta: “Questa malattia è tutta per te, solo per te”.

«ero semplicemente entrato a far parte della schiera di coloro che non ce l’hanno fatta, di quelli che si allontanano voltando le spalle, lontano da loro lontano dal centro, e nei discorsi hanno diritto lí per lí a molte parole di comprensione poi di rimpianto poi di null’altro.»

«All’inizio opponevo alla malattia la disciplina cui ero stato educato dalla mia famiglia, quando ancora pensavo che il destino fosse carattere, mi sforzavo di compiere ogni azione con lo stesso impegno sebbene goffa e impacciata e lenta, solo che ogni azione mi costava molto, non per la fatica ma per la nostalgia, ogni azione arrivava accompagnata da un ricordo.»

«È come con la musica, anche per quella ci dev’essere un deposito nella mente, e quando è cosí buio se mi sforzo riesco a risentire brani interi, è una macchina difficile da mettere in moto all’inizio ma dopo non c’è modo di fermarla, comincia con il solo tema, una alla volta si aggiungono le tramature e gli accenti, entrano le armonie, la musica si gonfia, passa dalla testa alle orecchie, ma non per via interna, passa da fuori, come se davvero io la ascoltassi.»

«Si può mentire per tanti motivi, per dolore o per impotenza, per agganciare un altro in un qualunque gioco, per imporgli la propria visione, o anche soltanto perché è impossibile fare diversamente.»

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