Sono stato la parola che ho taciuto,
il canto ebbro che ascoltavi la notte.
Qualche volta sono stato la scelta sbagliata che ho fatto,
altre volte la giusta via che ho percorso con te.
Molte volte sono stato il silenzio,
altrettante ho dovuto con lacrime urlarlo.
Sono rimasto la parola che ho taciuto,
il sorriso scrosciante placato tra le labbra.
Qualche volta ho percorso la strada a ritroso,
altre volte ho serrato le spalle deciso ad andare
e in quei viaggi ho provato a guardare,
ed ho visto.
Ho visto tra i campi gli sfollati dalla fame
con versi difficili a farsi ragione
e fango e sangue mischiati nel sale
e lamenti a invocare un distratto perdono.
Li ho visti marciare aldilà della luna,
alcuni in divisa a stringer le fila
dettare il tempo di un tormento comune,
nel comune livore che nasce in un gesto
e in quel gesto muore.
Li ho visti ammassati alle porte del tempio
batter forte la voce, picchiar l’aria feroce
li ho visti ansimanti, calpestarsi le suole
asciugare il respiro e cullare il rancore,
li ho visti assetati, nell’intento di avere
a scrutare nel baratro dell’oscuro pensiero,
li ho visti, ti giuro, fare ressa alla spiaggia,
accecarsi nel gioco di granelli indigesti
e altri ne ho visti a scovare miseria
e tra i rifiuti di ingordi ritrovarci una vita,
li ho visti, li ho visti,
e lì ho chiuso i miei occhi.
Sono stato la parola che ho taciuto,
e adesso, davanti allo specchio,
accarezzo il tuo viso.