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Mi prendeva le mani


Mi prendeva le mani e aveva da dire.
Sorrideva sempre ma sapeva parlare.
Mi prendeva le mani e stringeva forte, come se da un momento all’altro il vento potesse bussare alle porte trascinandomi via.
Mi guardava negli occhi ché niente e nessuno fermasse il silenzio.
Mi prendeva le mani e sapeva parlare.
Raccontava del viaggio che fece bambina. Non aveva che spiccioli d’anni sulle sue esili spalle, e strada da fare sotto i piccoli piedi.
Raccontava del viaggio e degli occhi che diedero luce al suo sguardo e sorriso al mio giorno.
Mi prendeva le mani e sapeva d’amore.
Mi reggeva le gambe nelle sere d’estate in cui il caldo opprimente ti piega le forze e ti lascia sconfitto, se non hai che undici anni e un dolore da dire. Mi leggeva canzoni e masticava poesie di cantanti errabondi e di strane follie. Raccoglieva coralli nelle notti d’inverno ad intrecciare collane che vestissero meglio ed aveva nascosto in un mesto cassetto qualche dolce da darmi prima che l’ora giungesse a dormire nel letto.
Mi prendeva le mani e stringeva forte, come se da un momento all’altro venisse a bussare alle porte la vecchia signora e senza chieder permesso entrasse di forza a portarmi con sé nella piena dimora.
Mi prendeva le mani e aveva da dire.
Parlava del tempo che m’avrebbe ingannato, dell’amico devoto che poco avrebbe esitato a voltarmi le spalle per fregarmi il cammino. E gli occhiali di sempre nascondevano lacrime ogni volta che il giorno mi diceva di lei. Sapeva, mia madre, quando avrebbe lasciato che l’inganno del giorno si spegnesse pian piano. Mi prendeva le mani e non aveva timore che il destino beffardo ci piegasse le ossa, che mio padre là fuori per un pezzo di pane raffermo si stringesse nel freddo di un gelido inverno.
Mi prendeva le mani, emanava calore a ristorare le notti, a spezzarmi il dolore.
Mi prendeva le mani e stringeva forte, pur sapendo che un giorno io le avrei abbandonate, distratto dal tempo che puntualmente m’inganna, dall’amico che lesto mi fotte il cammino, dal buon vino bevuto e finito in un sorso, dal pasto fugace lasciato per strada, in un viaggio che manca degli occhi che hanno dato il sorriso al mio giorno.
[23 febbraio 2011]

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