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Respiro nuovo

S’accostò lentamente al letto, e senza far rumore distese le gambe. Era stata una lunga notte quella, era la vigilia del venticinque dicembre, e il suo bambino moriva agli occhi dei medici. Trambusto intorno, e urla, gente che scalpitava. Qualcuno inveiva perfino, altri avevano perduto la speranza. molti dei presenti erano rimasti in sala d’aspetto a lagnarsi, che quello non era il destino che meritava. Altri consumavano pieghe di rosari con lacrime e mani sudate. Mormorii rotti da singhiozzi avevano accompagnato per lungo tempo la notte più profonda. Antichi lamenti risuonavano per i corridoi di quell’ospedale. Il freddo s’insinuava oltre i vestiti ispessiti dalla paura. Qualcuno imprecava, da un anno a quella parte. Lo avevano atteso da una vita, la loro. S’erano amati a lungo a discapito di sorrisi e ironie. E a lungo avevano sperato che una vita nuova germogliasse nel grembo di lei. Poi d’improvviso, in un tempo in cui la speranza si confonde con l’oblio dell’incubo c’era stata la certezza. Dopo anni di notti insonni, travagliate, ed energie spese ad amarsi, con l’intima paura di non saperlo fare, il seme aveva attecchito, e un nuovo respiro sarebbe venuto al mondo. Così accadde una notte d’estate. Quel bimbo tanto atteso vide la luce dei suoi occhi riflessi in quelli sorridenti della madre. Qualche tempo dopo, a bordo di una bicicletta agognata a lungo il destino provò a portarlo via dalle braccia forti del padre. Un anno intero, trecentosessantacinque lunghi giorni, e altrettante notti inchiodato a quel lettino, così minuto e fragile, senza che l’aria intorno potesse scostarlo dal sonno profondo in cui era precipitato. Poi un sospiro nuovo, e un altro, e un altro ancora. E gli occhi che si accendono come due candele ad illuminare la stanza. Ecco, quello fu il loro primo vero natale.

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