L’asfalto sotto i piedi incostante scivola lungo una via incerta. Perché la certezza muore in ogni goccia di cristallo. E il viaggio si muove dentro me a farmi vivo, più di quanto talvolta riesca a sopportare.
Così ci si piega sulle ginocchia, perché gli dei hanno ali e non gambe da esser spezzate.
La fatica di un cammino non pesa sul volo degli angeli, ma spinge a terra uomini di malaffare.
Viandanti che vorrebbero rifugiarsi in un ristoro comune, quotidiano e semplice, e che per sfrenate ambizioni abbandonano tutto e si mettono in strada.
Io sono in strada.
Lontano da casa, nel freddo insinuante di mattini gelidi che spazzano via il respiro e lo trattengono dentro le labbra, che non hai neppure forza d’imprecare o pronunciare quel nome che potrebbe salvarti.
In viaggio.
Risucchiato da vortici di scale dimenticate e porte scorrevoli bloccate, e sembra d’esser prigionieri d’un destino che si vorrebbe fuggire, ma che sai di meritare. Eppure fuori fa troppo freddo per rischiare di perdere il naso, e finisce sempre, anche ai più temerari, di rifugiarsi in qualche luogo non voluto.
A ciascuno il suo.
A ciascuno il ritorno dei propri errori.
I miei si sono tutti dati appuntamento dentro questa stanza e insistentemente mi schiaffeggiano.
Saprò far fronte alla loro violenza, saprò andare avanti.
Perchè è così che dev’essere quando si è in viaggio.
Verso qualcosa o qualcuno.