– Daniele del Giudice, 1994 – Einaudi – pp. 122 – € (20.000 lire).
Essere un aereo, staccarsi dal suolo, vibrare tra le correnti d’aria pur rimanendo entro i limiti di un corpo vittima del tempo e della decomposizione naturale. Essere un pilota, essere in allerta, consapevole che «ogni errore è una cicatrice, ma non evita la ricaduta.». Un grande [e singolare] romanzo per racconti, in cui il protagonista assoluto è d’acciaio e si libra in volo permettendo agli uomini di ripercorrere le rotte di Icaro con i conseguenti errori.
«Cerco il tono delle voci, è importante sai, mi disse, il tono delle voci.»
«Il volo migliore è senza dubbio quello della mente, non richiede mezzi di trasporto sofisticati né brevetti o abilitazioni, ma soltanto l’attitudine ad essere piloti di se stessi, della propria fantasia. Per millenni si è volato cosí, il cielo dell’antichità è colmo di traffico aereo.»
«Volo ancora, e quando il cielo ha un teso soffitto di nubi faccio un buco e me ne vado lí sopra, il sopra delle nubi è un altro mondo, è come starsene in soffitta e vegliare sulla casa; il cielo sopra le nubi è una memoria magnetica, lí tutto è rimasto impresso, come sui sali d’argento delle fotografie, del resto sarebbe insensato
che quel che c’è stato una volta non ci fosse mai piú.»
«Ordine e disordine erano la stessa cosa, separati soltanto da una quantità, da un arco prima del quale e oltre il quale regnava uno e regnava l’altro, caos contenente ordine contenente caos.»
«Sapere ma non troppo, né essere sicuri di saperlo, poiché l’errore non aspetta altro che la tua sicurezza, ed è lí che morde.»
«Se potessi accettare che quel che conta è solo il tratto, anzi la ‘tratta’ come tu chiami il percorso, senza nostalgie della partenza né dell’arrivo; oppure sapere che partenza e arrivo possono essere di volta in volta la stessa cosa, coincidere.»
«L’arrivare nell’atto stesso del partire, e per l’idea di aver compiuto almeno questo.»
«Nella vita ci sono momenti d’emergenza in cui l’istinto preme per reazioni immediate e risolutive, momenti di stallo in cui cerchiamo ancora di salire e di tenerci dritti in quota e invece l’unica via d’uscita sarebbe lasciarsi scivolare, momenti in cui fissiamo le cose frontalmente e puntiamo dritti al loro cuore, mentre l’unica traiettoria ragionevole sarebbe quella eccentrica che porta verso il margine, seguirla con delicatezza lungo il bordo senza
fuoriuscirne.»
«Che ne sanno gli oggetti delle trame e delle azioni? Che ne sanno dei mandanti e degli esecutori, gli oggetti sono lí.»
«La sua azione non aveva nulla di vitalistico, anzi era spesso in partenza un’azione inutile, di cui scoprire o inventare la necessità.»
«Mi piacciono i musei ma mi piacciono anche i luoghi apparentemente senza storia, anzi in cui una storia c’è stata, ma nessuno la conosce o la ricorda piú. Nella mia infanzia era pieno di case come questa, abbandonate dopo la guerra, costruite con un pensiero dello spazio e della forma che la sconfitta aveva rinnegato, case in cui era successo qualcosa, ma non si sapeva cosa, mute, senza possibilità di raccontare. ‘Condannate’, come dicono i francesi con una bella espressione a proposito delle porte e delle finestre murate.»
«Sorrideremo, di nuovo ricongiunti alla nostra ombra.»