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Storia di un sodalizio di Saja

La rubrica Avanscoperta ospita oggi “Storia di un sodalizio” – raccolta del carteggio tra gli scrittori siciliani Antonio Castelli e Leonardo Sciascia – di Giuseppe Saja per Salvatore Sciascia editore.
Dottore di ricerca in italianistica, Saja si è occupato soprattutto della letteratura siciliana del secondo Ottocento e del Novecento e dell’opera di Federigo Tozzi. Tra i suoi testi ricordiamo «Il Momento». Identità d’una rivista di fine Ottocento. Con gli indici del periodico (1883-1885); Il silenzio e l’azzardo. Narratori e poeti siciliani del ’900; Impasse relazionale e solipsismo in Con gli occhi chiusi e altri saggi tozziani; Federigo Tozzi. ‘Incontri’ siciliani. Ha curato, inoltre, il volume “Opere” che raccoglie tutti gli scritti di Castelli,  titoli usciti per i tipi della casa editrice Salvatore Sciascia.

“Leonardo Sciascia è un maestro. Per l’Italia e l’Europa è una coscienza. Per la Sicilia è una coscienza e anche la seconda vista; spesso la più valida, qualche volta, ahimè, la sola valida”.
(A. Castelli, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Cefalù)

 

“… E mi hanno accompagnato in questo lavoro, così come certi temi e frasi musicali per ore o per giornate intere a volte ci accompagnano, certe notazioni (di natura musicale appunto) del mio amico Antonio Castelli: quelle che nel suo finissimo libro che s’intitola Gli ombelichi tenui dicono delle nostre radici (sue come mie), del nostro respiro, della nostra misura umana nel paese in cui siamo nati …”.
(L. Sciascia, Morte dell’inquisitore; nota finale)

Abbiamo invitato l’autore a parlarci del suo lavoro.
Il volume viene pubblicato in occasione del centenario della nascita dello scrittore castelbuonese Antonio Castelli (14 settembre 1923 – 11 giugno 1988), grazie all’intelligente sinergia tra la casa editrice Salvatore Sciascia e la Fondazione Mandralisca di Cefalù.

Il libro ripercorre i momenti salienti dell’amicizia tra Antonio Castelli e Leonardo Sciascia e presenta il piccolo carteggio intercorso tra i due. Sciascia riconobbe a Castelli, autore soprattutto de Gli ombelichi tenui (Lerici, 1962) e di Entromondo (Vallecchi, 1967), tra gli altri meriti quello di aver formalizzato nella concisione di un’ispirata espressione, “Paese come cosmo”, una visione del mondo con la quale tentare di comprendere realtà più complesse rispetto a quelle, pur vitali ed essenziali, dei piccoli centri urbani. Il volume propone, in appendice, i testi in cui Sciascia scrisse in modo esplicito di Castelli e la prosa che quest’ultimo volle dedicare a Cefalù, suo luogo d’elezione.

Nel volume vengono messi in risalto la profondità e la modernità del pensiero-scrittura di Castelli, la sua consapevole distanza dalle asfittiche catene del localismo, dalle sabbie mobili della territorialità culturale, il suo essere sempre dalla parte degli emarginati. In Castelli, questo definirsi della sua identità intellettuale, e per ciò stesso esistenziale (ideologia, Weltanschauung, scrittura), conosce una progressiva maturazione dai caratteri e dagli aforismi degli Ombelichi tenui alle prose più intime e sperimentali di Entromondo: se ne resero ben conto, oltre a Sciascia, Luzi, Bilenchi, Pampaloni, Flaiano e Consolo.

L’opera narrativa di Castelli, che fu anche fine intenditore di musica, dimostra pure che ogni artista, che abbia una sua riconoscibile poetica, sperimenta un modo personale di partecipare alla temperie culturale del suo tempo: può abbracciarla senza riserve, può prenderne le distanze, può, come fece Castelli, accoglierne alcuni contenuti rivendicando, però, un’autonomia nel formalizzarli. Ciò che unisce le numerose tessere della produzione di Castelli è il collante dello stile che, per lo scrittore madonita, è «per tanta parte un problema di manutenzione del vocabolario». Anche qui, però, sono da evitare interpretazioni superficiali: la “manutenzione” di cui ci parla lo scrittore non è un vuoto e pedante gioco formalistico; ma, etimologicamente, significa mantenere in ordine, cioè tentare di raggiungere quel delicatissimo equilibrio tra forma e contenuto, per dirla con il vecchio De Sanctis.

 

 

 

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