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Stralci d'incanto


 

La barba folta e i capelli ricci, fittamente ricci, la camicia rigorosamente a fiori, come fosse stato un americano in vacanza, una collanina sempre in vista oltre la villosità del suo petto prestante. Le spalle arcuate, leggermente arcuate ad ingobbirlo un po’, rendendone grottesca l’enorme stazza. Ed un passo fermo, e roboante, ricordo ancora l’eco del cammino lungo le stanze.
Considera l’incanto della follia, mi andava ripetendo.
Gattoni gattoni scivolava con me lungo i corridoi del vecchio magazzino, il mio ancestrale rifugio oltre il quale già bambino chiudevo fuori il mondo e la sua miseria. A quel tempo avevo capito molto di più di adesso. Avevo intuito in verità, perché le strutture mentali di quell’età non mi permettevano di comprendere fino in fondo, adesso non so più bene cosa. Allora avevo intuito che il mio cammino sarebbe andato per vie traverse, e forse sempre sbagliate per quanto mi sia ostinato a mantenermi ritto sulle caviglie, avevo capito che era meglio implodere, chiudersi in sé, o dentro un mobiletto di truciolare candido e leggero.
Adesso non so più bene cosa avrei potuto capirne del mondo allora.
L’incanto della follia, che stranezza.
A quel tempo non sapevo nemmeno cosa potesse essere un incanto né avevo piena consapevolezza della follia. Eppure quella frase, che non so ancora dove era andato a scovare, suonava bene. Il tono con cui le pronunciava le parole, di fila, dolcemente, e lo sguardo, gli occhi carichi d’allegria che sorridevano sempre, credevo anche durante il sonno benché li tenesse chiusi, quegli occhi mi ricordavano che in fin dei conti tocco lo ero proprio.
Affrancati dalla stupidità, affrancati dall’ignoranza. Allontanati quando senti puzzo d’imbroglio e tieni il collo rigido quando qualcuno pesta duro sulla testa. Mantieni l’incanto per le cose, le cose del mondo. Non considerare d’aver visto e sentito tutto. Trattieni dentro di te un po’ di meraviglia, un briciolo se puoi, anzi devi, niente ha più senso se non ti meravigli. Nel bene e nel male. Se ogni cosa che vivi ti scivola via, e passa da parte a parte senza lasciare traccia, allora controlla bene dove stai, sono convinto che ti rivedrai disteso dentro una cassa da morto. Senza respiro. Considera chi ha perduto, considera cosa ha perduto e perché, considera le tue scelte, non al punto tale di non dovere o volere scegliere, ma considerale. Pesale, sentile sulla pelle. Ogni strada che intraprenderai saprà lasciare un tratto netto sulla tua pelle, talvolta alcune lo lasciano nell’animo, e quei solchi sono impossibili da ricoprire. Il tempo prova, noi stessi proviamo, ma certi solchi sono difficili a dimenticarsi. Considera sempre l’incanto del mondo. Non è facile, tutto spinge al disincanto, tutto alla ragione, alla spiegazione, tutto quello che ci circonda spinge a sopprimere la fantasia. Considerala, accadrà che dovrai rifugiarti in essa per non impazzire, accadrà che dovrai aggrapparti all’incanto delle cose per non spegnere il calore della vita che è in ciascuno di noi.
Questo Giannuzzo diceva ad un bimbo di appena cinque anni, che nulla sapeva di incanti e poco d’incantesimi, forse perché bambino poteva intuire la follia, forse.
Non avevo considerato la possibilità dell’incanto.
Di trovare la bellezza intorno.

da “L’incanto della follia”.

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