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Suttree di McCarthy

– Cormac McCarthy, 2009 – Einaudi – pp. 560 – € 23,00.

In Suttree McCarthy (nella traduzione di Maurizia Balmelli) ci trasporta lungo le rive fangose e oscure del fiume Tennessee, immergendoci in un universo di solitudine, miseria, desolazione e bellezza.
La vicenda segue le orme di Cornelius Suttree, un uomo emarginato che sceglie volontariamente di vivere ai margini della società, abbandonando lo stereotipo di una vita banale figlia di azioni e gesti ripetuti. Attraverso lo sguardo disincantato di Suttree, ci addentriamo in una città (metafora del mondo) in rovina, dove si intrecciano destini segnati dalla violenza, dalla povertà e dalla disperazione. In un caleidoscopio di figure pullulanti di vita, McCarthy delinea con sapienza i ritratti dei personaggi che popolano quest’ambiente decadente, donando loro profondità.
Suttree è un protagonista complesso e affascinante, un’anima inquieta che cerca un senso di appartenenza in un mondo corrotto. McCarthy ci proietta sulle tormentate riflessioni, sulle ambizioni fallite e sul suo percorso interiore. Il personaggio si staglia come una figura tragica, che attraversa le pagine del romanzo con una presenza magnetica, lasciando un senso di empatia.
Suttree è un romanzo che va al di là della mera trama, poca cosa in verità, senza grandi sussulti o sconvolgimenti di sorta, attingendo alle profondità dell’animo umano e svelando la lotta costante tra la speranza e la disperazione. Un invito a riflettere sulla fragilità dell’esistenza e sulla ricerca di senso in un mondo in cui la bellezza può emergere persino dalle situazioni più oscure. Perchè è “dal letame che nascono i fior”.

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