Scrivere di un viaggio è provare a rifarlo, magari evitando gli errori.
E forse scrivere della propria vita potrebbe essere la soluzione agli errori che verranno, ma so bene che non sanno leggersi dentro, dunque si presenterebbero davanti ai miei passi, invitandomi ad entrare.
Non è facile scrivere, figurarsi vivere.
Non lo è viaggiare. Per strade che hai conosciuto e t’hanno lasciato un particolare sapore, e d’improvviso ti ritrovi a percorrere cercando di gustarle per come ricordi, ma anche la vita è in cammino e non lascia sapori stantii, in quel caso si parla di morte, ma non sarà oggetto di questa narrazione.
Gonzo non arriva.
E alla seconda pinta il viaggiatore pensa bene di comporre il numero che a stento si riesce a leggere, aldilà del vetro. Dall’altra parte del telefono una voce roca risponde, dicendo che in pochi minuti giungerà davanti all’ostello fantasma. Qui mi preme dire che Gonzo sarà facilmente riconoscibile al lettore castelbuonese o affine. Per chi ha negli occhi Peppe Collesano, ecco, gli tolga i capelli, lo invecchi di una decina d’anni e avrà il Gonzo di Amsterdam. Faccendiere e tutto fare alla maniera del barbiere di Siviglia, per rimanere in tema.