A Parigi l’inverno è più freddo se nulla hai per scaldarti la pelle. A Parigi dicembre è gelido con i senza tetto. Gli artisti di strada questo sono in fondo. Senza tetto. Gente senza un tetto stabile che accolga la loro fatica.
Quattro mura fredde non sanno che farsene di canzoni, e numeri da circo, brillanti battute e mirabolanti piroette. Quattro mura fredde non hanno calore, non sanno neppure applaudire. Quattro mura fredde, fredde rimangono, e freddo tutt’intorno ti lasciano addosso. Il puzzo di povertà te lo senti dentro le ossa, e insolente non ti abbandona mai, per quanto sapone tu riesca a racimolare elemosinando te ne rimarrà traccia sulla pelle.
Della povertà dico.
Di quello stato che ti marchia fin dalla nascita come una bestia da macello. Una sensazione che mai t’abbandona, perché sai benissimo cos’è, cosa vuol dire la miseria sugli occhi e nelle orecchie, sui capelli sozzi di polvere e sulle dita scarnificate dal cibo che non c’è. Sai bene cos’è la povertà se nella povertà sei nata, e hai paura di ricaderci dentro, così come accade per l’alcol lasciato andare senza ritegno nella speranza che ti tiri su o per le droghe che ingerisci nella stupida illusione di ritrovarti più leggero nel cammino e con leggerezza affrontare le miserie del mondo.
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