– Giosuè Calaciura, 2022 – Sellerio – pp. 212 – € 16, 00. Più si avvicinava più riconosceva gli stessi tratti dell’agnello che abbracciava…
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La luce bianca di Madrid e l’incedere lento. Avvolto dal freddo, mite, che quasi gentilmente m’accarezza il viso senza far male, vago per la città…
Lascia un CommentoEra invece tempo di andare.
Tutti e cinque stipati in quel trabiccolo, ritrovato della tecnologia meccanica con una serie infinita di chilometri sulle spalle, sulle ruote, dipinti sulla carrozzeria, pronti a passare il colore di un viaggio sulla nostra pelle. Poche autostrade allora, poche adesso, il viaggio interminabile. Quel viaggio che almeno una volta nella vita è necessario intraprendere per sentire la brezza di un’aria diversa accarezzare i nostri capelli, e fanculo se capelli non avete più sulla testa, fateveli prestare, indossate un parrucca, qualcosa che si possa spettinare, qualcosa che possiate dire d’aver perso lungo il cammino.
Perché questo accade durante il viaggio, perdi qualcosa per ritrovarti.
La traiettoria di un viaggio da comprimere nelle memoria come una curva immaginaria di cui trattieni il capo e la fine, pur sapendo che tutto ciò che ci sta dentro non riuscirai a gestirlo per quel che è stato, neppure nel ricordo di una seduta ipnotica. L’hai perduto quell’insieme di punti, per ritrovarti al punto in cui te ne stai adesso a ricordare, o forse a vivere.
Accade talvolta di ritrovarsi presi da particolari odori, o profumi, che vigliaccamente ci prendono la mente e la distraggono dall’attenzione che vorremmo riservarle, portandola oltre i nostri stessi pensieri. In memorie distanti, dentro occhi che avresti voluto spegnere in tempo, tra le fragranze di lavanda che hanno il sorriso di nonna, nelle zaffate stantie di armadi rosicchiati dalle tarme e dal tempo nei soffitti di case vendute in fretta. La mente scivola via seguendo la scia del profumo e si perde nella pelle nuda di chi hai stretto tra le labbra, nell’odore acre di un cammino stentato, sudato, maledetto, nel puzzo di fetide carcasse ambulanti che inevitabilmente ci si ritrova a dovere incontrare.
Gli odori sono parte integrante della nostra memoria, e non di rado la supportano. Annotare un odore diviene particolarmente arduo per chi usa le parole.
Ci sono profumi che il viandante non potrà dimenticare, né vorrà raccontare, di altri, di quelli vivi in questo viaggio, prova a tracciarne una piccola scia.
Una signora dal passo spedito col telefonino incollato all’orecchio sbraita di qualche problema, mi si fa accanto, scruta con fare indagatorio, poi sculettando tira avanti…
Lascia un Commento“un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle…
Lascia un CommentoRaccontare d’un viaggio è un altro viaggiare. Raccontare di passi lontani percorsi con una fatica del tutto intima non si può. Dunque a scriverne ritorno…
Lascia un Commento2010: 14 Ottobre: Primi passi. Palermo-Eindhoven-Amsterdam La sera scivola lungo le folate di scirocco. A Palermo la temperatura s’alza e plana sulle urla del vento,…
Lascia un CommentoAvercene di benzina e pasti da dare al mio inseparabile ronzinante, credo potremmo provare la traversata degli oceani, e chissà che non ci si riesca davvero in qualche tempo non lontano.
Firenze. 16 Gennaio 2010.
Andiamo agli Uffizi!
Le idi di gennaio mi riportano a lavoro dopo circa un anno e mezzo di attività intellettuale, e le mie vecchie e immarcescibili converse levi’s ritornano anch’esse a fumare. La scuola ha bisogno di me ma non si sa bene fino a che punto io ne abbia bisogno. Di un lavoro certo, e viste le royalities del mio primo romanzo c’è da lavorare, e rimboccarsi le maniche.
Alla fine di gennaio ritorno a Firenze dopo due anni, stavolta niente giro turistico sull’autobus panoramico alla modica cifra di venti euri, stavolta in giro sul mio ronzinante d’acciaio fino alle soglie di piazza della Signoria. Ai margini della storia che si sviluppa all’interno di quegli infaticabili corridoi che segnano gli Uffizi. Che bella passeggiata, un po’ troppo lunga e un po’ troppo piena. Credo bisognerebbe ritornarci per ogni opera che si è vista e rimanere fermi ad osservarla per un tempo indefinito (tipo orgasmo Yoga alla Sting!), invece in un paio d’ore ci ritroviamo ad inseguire una guida giapponese con tre infaticabili segugi che annuiscono ad ogni respiro e sospirano meravigliati difronte qualsiasi cornice incontrino (anche vuota). Ma vuota non è la bellezza di Botticelli e la sua primavera che tarda a venire da queste parti, e poi la sacra Famiglia di Michelangelo e l’annunciazione di Leonardo. In quelle tele, piccole, sagomate è impresso il sudore degli uomini che hanno fatta grande questa penisola, mentre adesso in qualche letto d’albergo ben altro sudore ci fa grandi.
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