“Cinque domande, uno stile” ospita l’editrice Daniela Di Sora che ci introduce idealmente nei corridoi della sua creatura. Voland Edizioni nasce nella prima metà degli anni novanta con uno sguardo attento e profondo nei confronti della letteratura slava. Pubblica alcune tra le voci più brillanti di questo panorama quali Zachar Prilepin, eclettico autore russo, Georgi Gospodinov, poeta e prosatore bulgaro autore dello splendido “Cronorifugio”, Mircea Cărtărescu, massimo esponente della letteratura contemporanea romena. Nel corso degli anni espande i suoi orizzonti, portando in Italia le storie della belga Amélie Nothomb. Realtà editoriale di respiro internazionale – prova ne è il fatto d’annoverare nel catalogo i testi vincitori delle ultime due edizioni del premio Strega Europeo “Cronorifugio” di Gospodinov e “Primo sangue” di Nothomb – non disdegna la letteratura italiana di qualità. Fra gli altri ha pubblicato Valerio Aiolli, Demetrio Paolin, Vanni Santoni e Roberta Lepri.
Qual è lo spirito che caratterizza il suo essere editore?
Cerco di pubblicare libri in cui credo, che mi piacciono molto come lingua e come storia narrata, cerco di seguire un autore nelle sue pubblicazioni (anche se non sempre è possibile, per varie ragioni, fra cui la libertà decisionale dell’autore e del suo agente). Detto in breve: cerco da editrice di pubblicare libri che mi piacerebbe leggere da lettrice.
Quale peculiarità deve avere un testo per poter essere pubblicato?
Deve narrare una bella storia con una lingua non banale. Sembra facile, ma non lo è. Una storia appassionante che apra al lettore nuovi orizzonti. Una lingua curata, non necessariamente facile.
Qual è il libro che ha amato di più da lettore e quale le ha dato maggiori soddisfazioni da editore?
Sono tanti i libri che ho amato da lettore… faccio alcuni esempi: Igiene dell’assassino di Amélie Nothomb mi ha spinto a non pubblicare solo slavi ma non è andato subito molto bene… Fisica della malinconia di Gospodinov mi ha immediatamente catturato ma anche lui ci ha messo un po’ di tempo per affermarsi. Insurrezione di José Ovejero e Sindrome da panico nella città dei lumi di Matei Visniec sono due libri che amo moltissimo e da cui mi aspetto grandi risultati. Come da Pacifico di Stephanie Hochet…. Poi ci sono gli italiani che, paradossalmente, sono più difficili da imporre. Ma Demetrio Paolin, Valerio Aiolli, Roberta Lepri, Alessandra Jatta sono nomi di autori a me molto cari, che amo molto. In ogni caso non c’è un autore che abbiamo pubblicato senza sceglierlo con il cuore e con il cervello…
C’è stato, nel suo percorso di vita, netto e distinto, un momento di scelta in cui ha affermato a se stessa “voglio vivere tra i libri e di libri?”
In realtà ci sono stati almeno due momenti diversi nella mia storia con i libri. Il primo, forse il più importante, è stato l’incontro con Dostoevskij: a 17 anni ho letto per la prima volta Delitto e castigo e sono rimasta fulminata, ho deciso che avrei studiato il russo per capire meglio quel mondo e quella cultura… poco dopo mi sono iscritta all’università. Lingue e letterature straniere, russo appunto. E allora è iniziato il mio viaggio di conoscenza di quei paesi. Viaggio ideale ma anche reale: borsa di studio a Praga, lavoro come lettrice in Bulgaria e a Mosca. Con le prime traduzioni per varie case editrici. Finché un giorno, molti anni dopo, ho proposto un autore bulgaro a una casa editrice con cui collaboravo e me l’hanno rifiutato. Allora ho pensato di aprire una casa editrice dove pubblicare romanzi che mi appassionassero e mi incuriosissero. E a dicembre del 1994 Voland è nata.
In quale misura crede che la letteratura oggi riesca ad incidere nella società e con quale forza lo scrivere e di conseguenza l’editare costituisca un gesto politico?
Io appartengo a quella generazione che ha creduto che ogni gesto fosse un gesto politico. Non so in quale misura oggi la letteratura riesca a incidere sulla società, credo in misura minima, purtroppo, viste soprattutto le percentuali di lettori forti nel nostro paese. Ma so che è l’unica forma di lotta che conosco e che posso condividere. Leggere vuol dire conoscere, capire… Tra l’altro ricordo una frase che disse uno scrittore che amo molto, Enrique Vila Matas, a un festival della letteratura di Mantova di tanti anni fa, e che suona più o meno così: «non c’è persona più innocente e meno pericolosa di un lettore chino con gli occhi su un libro… »