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Waltzing Matilda

27 luglio 1944. Lecce, Italia.

Fratello mio,

Non pensavo ci si potesse arrampicare tanto in alto. Da questa prospettiva potrei seguire il volo delle aquile se ci fossero aquile nei dintorni. Ma nulla di tutto questo, soltanto terriccio e sterpaglia. Il classico posto abbandonato da dio. E fin qui nulla di strano, lungo la strada ne ho incontrate di cose che il buon dio ha dimenticato. Sono giorni di tempeste, in cui tutte le cianfrusaglie, come schegge impazzite, ritornano a galla dalla merda nella quale erano state seppellite. Zombi. Morti che ondeggiano cullati da venti di guerra. Così oltre ad essere stata cancellata dalla mappa dei disegni divini, questa terra, avvinghiata come un’amante gelosa alla sua roccia, è stata pure messa nel dimenticatoio dagli uomini. Comunque sia, adesso, io sono qui. Sudato come non mai, con l’elmetto che non ne vuole sapere di stare a posto e questa ferraglia che pesa come un carico di cemento appena impastato. Comunque sia, ancora, sono qui, in compagnia del mio rigido tenente, uomo dai solidi principi morali che raramente si domanda perché, e va, seguendo la strada che altri tracciano per lui. Signorsì. Frank dalle spalle larghe e la risata grassa, Frank che talvolta senti bestemmiare col suo strano accento del sud, perché la ricetrasmittente non da segni di vita. Siamo qui, io e Frank braccati dal sole e da quattro mitraglie nemiche che siamo certi salteranno fuori da questa sterpaglia.
Prima o poi. Attendiamo.
Ne abbiamo perse di cose e dimenticate altre in questo nostro cammino e amici scivolati proprio accanto a noi, fuscelli squarciati da fulmini improvvisi, schizzi di sangue sulle nostre divise impregnate dal sudore della paura di non superare il prossimo ponte. Di quanti ponti si compone una vita, una vita qualsiasi?
Joe, Sam, Freddie, tutti schizzati via, scelte spezzate e ubriacature evaporate dal fondo delle nostre bottiglie sempre più asciutte, sempre più maleodoranti, svanite prima che potessimo scolarci l’ultimo goccio del nostro whisky. Avercelo adesso su queste rocce incandescenti, averci un lurido whisky, magari uno di quelli che teneva Mary nel vecchio emporio vicino casa, lo teneva nascosto, dietro le scatolette di tonno avariato, in fondo, accanto al bancone dei giornaletti e chi rincorreva i giornaletti e chi rincorreva il whisky, comunque da ragazzi rincorrevamo qualcosa. Adesso, qui, io e Frank rincorriamo la scia degli aerei e fuggiamo il rombo assordante che schiaccia i nostri pensieri, e sotto questi pensieri, come fossero pesanti coperte nelle mattine gelate, sotto queste coperte nascondiamo le nostre anime rassegnate, e la mente ci porta aldilà di quest’inferno. E la mente mi porta a lei, neppure qualche settimana fa eppure già ieri, troppo sangue è sceso lungo il fiume che ci ha condotto qui.
Occhi che avrebbero infiammato il paradiso e scosso la tranquillità degli angeli, e i suoi capelli, che dire, avrei voluto nascondermi, come sul suo petto nascondevo le mie paure e i presagi di un viaggio insostenibile. E la sua pelle candida e lieve come la brezza che sollevava le parole dalle nostre labbra.
Per qualche istante della mia vita sono stato un corpo unico con un altro essere umano e ho pianto e asciugato le sue lacrime sulle mie labbra, lei ha sfiancato il mio corpo più di mille battaglioni in fila, e ha ripulito la mia anima, almeno per qualche giorno, che poi si sa tutto è destinato a cambiare.
Il ricordo di quello che è stato può salvarci.
Il ricordo di lei mi tiene in piedi mentre il sole, forse, ci darà un po’ di tregua, almeno per stanotte, leggero e silenzioso scen-de oltre la roccia e allunga le ombre della nostra paura sul terreno arido.
Matilda ritorna a me, mentre Frank sbraita qualcosa che il vento si porta lontano dalle mie orecchie, Matilda ritorna a me col suo sorriso e la voce da bambina e le punte dei piedi che agili si muovono sul pavimento viscido di quella balera dove ci siamo visti per la prima volta e amati da sempre.
E mi invita col suo sguardo a ballare.
Ma nessuno parla inglese qui, ed io ho la mente confusa, la bellezza confonde le azioni e sceglie per te. Così sento Billie che urla “balla coglione, balla che vuole ballare che aspetti? Guarda che sgherla!” e poi si rivolge a lei “Waltzing miss? ” e lei “Matilda”.
Waltzing Matilda, waltzing Matilda con me stasera, che ho voglia di dimenticare e ho più sangue che whisky nella mia borraccia e il vino è già aceto, balla con me Matilda.
Prima che faccia giorno, prima che il ritmo della mitraglia scriva un’altra canzone sulla nostra pelle.
Balla con me stanotte.
E la notte è scesa, amico mio, sapessi come sembra gelida lontano da casa, ma per fortuna Matilda riscalda i miei pensieri e nasconde le mie angosce.
Buonanotte fratello.
Buonanotte al vento che porta i miei pensieri a nanna, lontano da qui, ma non troppo lontano ch’io non possa riprenderli, buona notte ai rami che sostengono i nostri fucili e alle rocce e al mare che bofonchia sotto le nostre scarpe e buonanotte a te Matilda.

Tuo
Tom Traubert



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