Ci sono avvenimenti che custodiscono la bellezza di un rituale.
E ci si ritrova nuovamente lì, a distanza di tempo, semplicemente al giro d’orologio che ha contenuto l’esistenza di uno spazio temporale, che ci siam messi d’accordo a chiamare anno. Pressapoco ad ogni giro di lancetta, da tanti giri, ci si ritrova lì, in quello spazio preservato al parcheggio, almeno in quest’occasione. Una ridotta via della conciliazione che sfocia verso una nuova basilica che si sostiene su sampietrini traballanti, ma ancora impavidamente attaccati alle loro radici, a raccogliere il peso di passi rinnovati, a custodire ancora l’eco del tempo che li ha soggiogati, mentre il crepitio delle voci si spegne lentamente, quando la musica sale. Perché la musica porta con sé il suono, che ascende per natura. La musica è la riprova che un creatore esiste, e particolarmente accorto, tanto da attirare a sé tutta la bellezza di quell’arte.
E noi, adepti, rinnoviamo la stagione, nell’idea ancestrale di ritrovo, di rifugio.